
#4. Il pino nero
Nel terreno arido e roccioso della futura Pineta vennero messe a dimora inizialmente pini neri. Si tratta di un’essenza diffusa spontaneamente in Italia soprattutto nelle zone carsiche del Friuli e sulle montagne della Calabria, ma durante il ventennio fascista, caratterizzato da grandi rimboschimenti nelle zone collinari e montane, furono frequentemente utilizzati creando numerose grandi pinete. La scelta, allora, fu congeniale. Il Pinus nigra, detto anche pino austriaco, si adattava perfettamente alle caratteristiche del terreno: calcareo, poco fertile e poco profondo, quasi roccioso, ma ben esposto alla luce. Si tratta di una pianta “pioniera”, adatta a colonizzare terreni con caratteristiche avverse alla crescita della maggior parte della vegetazione. Il successo delle migliaia di piantine messe a dimora fu sorprendente. Attecchirono in grande quantità determinando un bosco fin troppo fitto, con alberi molto ravvicinati che negli anni crebbero altissimi alla ricerca della luce. Ma il successo del pino nero si manifestò anche e soprattutto nella trasformazione delle caratteristiche del terreno sottostante, che con il passare del tempo divenne molto più fertile ed adatto a tante specie autoctone che ora nascono e crescono spontanee.
I primi pini neri messi a dimora ora hanno più di 80 anni. Sono alti, esili e maestosi, con le chiome limitate alla parte terminale. Vecchi ma per lo più sani, anche se ogni anno vari esemplari seccano. Il taglio di questi tronchi ci permette di misurare la loro età. Come gli 80 cerchi nel tronco di questo albero abbattuto lo scorso anno.